03/07/2017
Spesso i costumi a tavola erano influenzati dagli avvenimenti della vita divenendo parte di veri e propri rituali dalle precise funzioni sociali:
Dopo il funerale, ad esempio, quando la salma era stata portata via da casa, il familiare più intimo preparava una cesta riempiendola di pane, salame, carne, pasta, posate e bicchieri e la trasportava alla casa del vedovo o della vedova. La usanza, infatti, voleva che chi avesse subito una perdita all'interno della propria famiglia per una settimana non avrebbe dovuto cucinare, impegno che pertanto veniva assunto a turno dai familiari dello scomparso.
Nel periodo della vendemmia si partiva dalle proprie case verso le vigne con tutti i parenti e i compari. La vendemmia era un'occasione alla quale si partecipava con entusiasmo ed allegria. Quando il contadino doveva andare a zappare, nessuno lo seguiva, ma quando andava a vendemmiare lo seguivano tutti. Durante la festa della vendemmia c'erano tanti asini con i "cofani" sulla groppa all'interno dei quali veniva caricata l'uva. La giornata si trascorreva cantando e all'ora del pranzo, alle 12, si aprivano tutti i “maramit'', contenitori realizzati in alluminio con coperchio, e si distribuiva baccalà con l'uva passa, patate lesse condite con olio, sale, aglio e polvere di peperoncino detta "pureverina". Si distribuivano i “cipllone” cioè cipolle rosse condite con olio, aceto di vino, pepe, formaggio pecorino e mollica di pane. Si accompagnava il tutto con un buon vino rosso.
Anche l'operazione di raccolta delle olive veniva eseguita in compagnia: Le olive si raccoglievano con i "vregacch", una sorta di aste in legno di "curnale" a sezione circolare appuntita, molto flessibili e resistenti. Con tali aste venivano battuti i rami dai quali cadevano le olive. Con le olive si riempivano le "panare", contenitori in vimini rotondi con il manico. Ci si metteva in gara per riempire con maggiore velocità le "panare" e si vinceva "nu pugnet de fic affurnat", una manciata di fichi secchi.
Tutte le donne che andavano a lavorare sui campi preparavano in casa "o' n'andesina", una sorta di grembiule attorcigliato da porre sul capo "Aspara”. Sopra al grembiule intrecciato si adagiava "a ciste”, una cesta intrecciata con vimini o con canna e salice dentro alla quale si poneva una tovaglia con il pane avvolto nel cotone "stiaucch", un pezzo di formaggio, un pezzo di lardo, olive, il "maramit" con i peperoni e “dui nociarell". Gli uomini, oltre gli attrezzi, portavano da bere all'interno di un tascapane.
Le “faf arrappat” si mangiavano la sera dopo cena quando i familiari si riunivano intorno al camino. Erano sempre presenti almeno tre generazioni dai nonni ai piccoli nipoti. Le nonne intorno al fuoco iniziavano la lunga serie di indovinelli "Cose cusell'' che, tra una fava e l'altra, incantavano i bambini per poterli portare più facilmente a dormire. Gi indovinelli iniziavano sempre con "Sacc na cosa cuselle tanda fina e tanda bella”. Due classici erano i seguenti “Sacc na cosa cuselle tanda fina e tanda bella: Pe' nu pugno inghina a' casa" ovvero “Con un pugno riempi una casa”. La soluzione era la lampadina a luce elettrica. "Sacc na cosa cuselle tanda fina e tanda bella: Quanno vate, vate rerenne, quando tornt, tornt chiangend”. Quando va, va ridendo, quando torna, viene piangendo. La soluzione era il secchio nel pozzo.